Lingue a perdere. Il trap e la violenza contro le donne
Dovrebbero essere testi per musica come tanti, sebbene non proprio pensati per innocue o disimpegnate “canzonette”, e invece quelli intonati da tanti (t)rapper sembrano piuttosto testi degni di una gang. Una selvaggia selva del (t)rap che con la scusa della libertà d’espressione o della licenza di rima diffonde, in assenza di qualunque filtro narrativo di disambiguazione (o del necessario distanziamento emotivo dalle storie e dai personaggi, di volta in volta, agenti o narranti), messaggi sessisti e omofobi assorbiti e ritrasmessi in continuazione dal music system come niente fosse. Fedez, Emis Killa, Fabri Fibra, Gué Pequeno e tanti altri: tutti, chi più e chi meno, nemici “di testo” annunciati (e acclamati) dei gay e delle donne. I primi, quando va bene, vengono denigrati, sbeffeggiati o insultati. Le seconde sono trattate da oggetto sessuale, anche qui nella migliore delle ipotesi, per il solito piacere del solito maschio dominatore e prevaricatore.