Lingua e discriminazioni: questioni, sfide, proposte
Woke, cancel culture, non si può più dire niente… Parole ed espressioni usate (spesso a casaccio) per denunciare una presunta “dittatura” del famigerato “politicamente corretto”. Quando invece – la cronaca ci insegna – oggi vince chi insulta di più e meglio, chi la spara più grossa, chi punta il dito contro le minoranze, e le loro alleanze, facendole diventare un nemico in nome del “popolo”. Che – aizzato da anni di retoriche xenofobe e securitarie – vede soprattutto nelle persone migranti e richiedenti asilo da un lato e nelle nuove cittadinanze dall’altro i suoi antagonisti principali, da discriminare, respingere, espellere. Pur non limitandosi a fatti linguistici questa discriminazione viene spesso trasmessa attraverso la lingua, tanto per mezzo di espressioni esplicitamente spregiative, quanto in modi più impliciti, attraverso usi idiomatici, sottili atti di esclusione, micro-aggressioni. Quanto, proprio attraverso la lingua e la riflessione linguistica, possiamo e vogliamo immaginare e costruire una società che contrasti – e non alimenti – xenofobia, marginalizzazione, esclusione?